Microplastiche in acquacoltura: nuovi studi grazie ad un percorso di dottorato internazionale

Con il termine microplastiche, si intendono frammenti di plastica con dimensioni comprese tra 1 micron e 5 millimetri, e risultano essere una delle forme di inquinamento più diffuse al livello mondiale, comune a tutti gli ecosistemi. Le microplastiche si dividono in: primarie se fabbricate appositamente con queste dimensioni (scrub per cosmetica); secondarie quando la formazione di piccoli frammenti deriva dalla frammentazione di porzioni di plastica più grandi per cause naturali. Le microplastiche raggiungono i mari e gli oceani ed entrano negli organismi attraverso la loro alimentazione: spesso scambiate per prede vengono ingerite dai pesci piccoli, che solitamente si nutrono di plancton, e arrivano ad organismi più grandi seguendo la rete trofica. Spesso troviamo degli accumuli di plastica nei prodotti di pesca proprio per questo motivo.

Il progetto lanciato da Nico Cattaneo et al., dall’Università Politecnica delle Marche, prevede lo studio degli effetti delle microplastiche e la loro possibile traslocazione nel tratto intestinale dei pesci di maggior interesse attraverso l’utilizzo di piccoli polimeri sintetizzati in laboratorio di forma circolare (delle stesse dimensioni delle microplastiche) e fluorescenti, permettendo le possibili localizzazioni delle microplastiche all’interno dei tessuti e organi dei pesci.

Oltre alla localizzazione il progetto si impegna nello studio degli effetti che si hanno in base alla quantità di microplastiche ingerite. Infatti, vengono condotti due studi diversi: uno con le quantità di microplastiche trovate negli organismi realmente in natura, un secondo studio con delle dosi venti volte superiori, allo scopo di studiare gli effetti negativi che questo bioaccumulo scaturisce sui pesci.

Il progetto fatto su un organismo modello Danio rerio (pesce zebra), durante tutto il ciclo vitale, da larva a adulto a riproduttore, per evidenziare gli effetti che le microplastiche hanno sul benessere e quali sono i principali organi di accumulo. Una volta concluso lo studio su questo organismo, verrà portato avanti anche su una specie ittica di interesse commerciale (la spigola, Dicentrachus labrax). Lo scopo del progetto è inoltre quello di analizzare la capacità degli organismi di fronteggiare la minaccia delle microplastiche. Gli organi sono infatti dotati di barriere selettive fisiologiche che impediscono il passaggio di determinate sostanze anche in base alle loro dimensioni. Queste funzioni potrebbero essere in grado di confinare le microplastiche in organi e tessuti diversi da quelli edibili. Ma per avere reali risultati e stilare delle conclusioni bisognerà aspettare la fine del progetto.

(da: Il Pesce)